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Audio "Lettera aperta al mio compagno ed a qualsiasi uomo"

martedì 14 aprile 2020

Partorire in tempo di Coronavirus: il racconto.

#sonolavoce

26 marzo ore 04.20

Finalmente dopo 41 settimane di gestazione è arrivato il momento: si sono rotte le acque.
Un misto tra gioia, agitazione e paura pervade la mia mente. Il parto racchiude in se la fine e l'inizio portando emozioni infinite ed infinitamente contrastanti; Yin e Yang nella rappresenzazione più concreta.
L'avventura è iniziata, ma non sarà come me la sono sempre immaginata.
Sarò sola e non per scelta.
Già da due sttimane io ed il mio compagno siamo stati travolti dalla notizia che il papà non può più nè entrare in sala parto nè far visita in puerperio.
Una violenza imposta, ma sicuramente pensata per tutelare noi degenti ed i neonati.

26 marzo ore 07.20

Giunti in ospedale, mi portano subito in sala monitoraggio, il battito della bimba è perfetto, finito il controllo mi avvisano che a breve sarò ricoverata.
Attendo la sistemazione con il mio compagno che mi sta aspettando con le valige fuori dalla porta del pronto soccorso ostetrico e ci abbracciamo, a lungo.
Poco dopo mi vengono a prendere per portarmi in reparto, lo saluto: "ci vediamo fra 3 giorni, se tutto va bene".
 Mi indicano il mio letto e la mia stanza, dove trovo altre 5 mamme, le distanze sono nettamente inferiori al metro e all'ora di pranzo ci sediamo intorno all' unico tavolo disponibile strette strette per degustare il nostro pasto.

26 marzo ore 13.30

Arriva un'infermiera e ci sottopone ai tamponi per il Coronavirus; i risultati sarebbero arrivati l'indomani, ed in attesa ognuna del proprio destino continuiamo a rimanere nelle stesse condizioni di vicinanza.
Finalmente inizio ad avere le contrazioni e con me anche la mia vicina di letto.
E con i dolori inizia il nostro piccolo calvario: siamo lasciate ai nostri dolori, difatti da quando entrambe siamo arrivate nessuno più ci ha visitate.
Passa il tempo ed aumentano le contrazioni quando il vagito di un bambino venuto al mondo mi lascia sbalordita, com'era possibile che un bimbo è nato in quel posto inadatto e non in una sala parto? Un'altra compagna di stanza, purtroppo ricoverata da giorni e giorni, ci racconta che non è il primo caso ed io ho paura non sarà nemmeno l'ultimo.

26 marzo ore 18.00

I dolori miei e della mia vicina si fanno sentire con prepotenza, allora dandoci man forte decidiamo di chiedere un controllo.
Arriva la dottoressa,ma  secondo lei la nostra espressione era al quanto "serena" per essere prossime alla fase espulsiva o comunque ad una fase più importante della dilatazione, ma ci concede comunque la possibilità di essere visitate.
Io devo ancora aspettare a lungo, la mia ormai diventata amica, invece viene trasportata celermente su una sedia a rotelle, sua figlia è quasi fuori.
Praticamente se non avesse chiesto alla dotoressa di svolgere il proprio lavoro avrebbe partorito a pochi cm da me, ma se il feto fosse stato in sofferenza?

26 marzo ore 22.50

FINALMENTE raggiungo una dilatazione importante e  vengo trasportata in sala parto dove chiedo subito di poter usufruire della partoanalgesia.

 26 marzo ore 00.30
Appena gli anestesisti risultano per me disponibili, inizia il complicato momento dell'inserimento della canula.
Ho dovuto SUBIRE lo stesso 3 volte, le prime due da un'allieva (presumo) che per un motivo o l'altro non aveva fatto bene l'opera, la terza finalmente il professore si decide che FORSE era il caso di procedere con le sue mani.

27 marzo ore 01.30

La peridurale fa effetto circa dopo 10 minuti (notate il tempo trascorso)  prendo sonno e mi riposo. Comincio a sentirmi veramente sola, fragile ed incazzata. La mia bambina nascerà ed ho tanto bisogno di Fabio che mi stringa la mano, che mi accarezzi e mi dia coraggio. La videochiamata non basta più, piango, mi sfogo, ma devo farmi forza; la nascita della mia principessa deve essere un momento di festa e gioia, e fanculo a tutto, fanculo a sto Coronavirus, la vita sta per vincere ed io con lei.

27 marzo verso le 03.00

"Ho bisogno di spingere" urlo all'ostetrica, mi visita al volo e vedendo la mia faccia presa dal panico cerca di calmarmi. Chiama le sue colleghe a darle manforte e mi avvisa che vede la testa e di spingere appena ne avessi sentito il bisogno.
Una sua collega mi sorride e mi stringe la mano; quell'atto di umanità arriva al momento giusto e mi da la carica, inizio a spingere e gridare: la prima spinta, poi la seconda, ed alla terza mi avvisano che se avessi continuatò così alla prossima LEI sarebbe stata qui.
Quarta spinta, la sento uscire, la sento nascere, la sento piangere, la sento...
Me l'apoggiano sul seno, cuore contro cuore, l'ostetrica tanto gentile videochiama Fabio.
Siamo felici e provati entrambi; anche se non è così che doveva andare, anche se ci mancherà sempre quel momento, lei ora è qui e nulla ha più importanza ormai. La vita ha fatto homerun.
Dopo due ore ci separano, lei la portano al nido per sistemarla e visitarla (avrebbe dovuto esserci il papà al primo bagnetto) io rimango in sala parto da sola fino alle 11.30 poichè l'esito del mio tampone non è ancora stato spedito e per sicurezza mi tengono separata dalla mia creatura, dopo averci passato insieme due ore, fiato contro fiato, coccolandola e baciandola. Inizio a sentirmi presa in giro.  
Esito negativo, ci riuniscono.

In stanza questa volta siamo in 3 e tutte e tre certificate negative, ma tutte e 3 ricoverate durante il preparto nelle medesime condizioni, ma per enorme fortuna sane.
Verso sera un'infermiera in maniera arrogante ci rimprovera poichè non allattiamo con le mascherine, perchè possiamo potenzialmente passare ai nostri angeli il virus. Ma siamo o no negative?
Mi sento INFINITAMENTE presa per il culo


29 marzo ore 18.00
Finalmente ci dimettono, il papà vede per la prima volta la sua bambina. Tutto passae la nostra vita insieme ha finalmente inizio.



Benvenuta al mondo amore mio, un giorno ti racconterò tutto questo, ma ora continua a fare le nanne, la mamma ed il papà son qui con te.


      

Angela De Luca.