
È da una settimana circa che sto pensando a cosa scrivere oggi.
Alla fine ho pensato di essere la voce di chi quel dramma me lo raccontò. Vi lascio 3 testimonianze, di cui la prima mi tocca da vicino.
Mio nonno, fu uno di quelli imprigionati nell’attesa del baratro, e fu uno dei pochi a salvarsi, anzi ad essere salvato: un paesano tornando a Paluzza (UD) avvisò bisnonna Romana che suo figlio era prigioniero e prossimo alla foiba. Lei vendette un terreno e con quei soldi, incamminandosi, percorse tutta la Carnia e la Bassa Friulana per arrivare dov’era detenuto(il nome del posto non me lo ricordo), ed i cari titini, molto ligi e corretti, quando videro i soldi della mia ava liberarono
senza indugi mio nonno.
Un altro concittadino anziano raccontò che una domenica doveva prendere il sacramento della cresima da parte del vescovo, a Capodistria, sarebbe dovuta essere una giornata di festa, ma i titini sorpresero il vescovo e lo bastonarono a sangue. La cerimonia salto' e si dovette fare tutto di nascosto.

Avrei voluto trattare questo argomento come solo una tragedia merita, ma non ne sono in grado. Ho lasciato parlare i ricordi di coloro, che ancora oggi, hanno negli occhi quel dramma.
Angela De Luca con la collaborazione di Fabio Stellato.
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